Matilde di Canossa
Vita e vicende della Gran Contessa – Prima Parte
Matilde, splendente fiaccola che arde in cuore pio. Aumentò in numero armi, volontà e vassalli, profuse il proprio principesco tesoro, causò e condusse battaglie. Se dovessi citare ad una ad una le opere compiute da questa nobile signora, i miei versi aumenterebbero a tal punto da divenire innumerevoli come le stelle...
Donizone - Vita Mathildis
Sulla nascita e sull'infanzia di Matilde di Canossa non siamo direttamente informati da nessuna fonte medievale, ma è possibile ricostruire credibilmente la storia di quegli anni in base a quanto avvenne nella sua famiglia. Matilde era la figlia terzogenita di Bonifacio conte di Canossa, detto il Tiranno, unico erede della grande dinastia dei Canossa Signori di Tuscia e di Beatrice di Lotaringia, tradotto poi in Lorena, di nobile famiglia imperiale, imparentata con gli imperatori Enrico III e Enrico IV, di cui era rispettivamente nipote e cugina di primo grado, nonchè con Papa Stefano IX. Gli storici sono concordi nel fissare la da di nascita di Matilde nel 1046, dal momento che il biografo della contessa, il monaco Donizone, dice che nell'anno della sua morte, il 1115, aveva sessantanove anni. Sul luogo della nascita invece persistono diverse opinioni, ma con tutta probabilità fu Mantova in quanto, in quell'anno, vi risiedeva la corte dei Canossa.
Poco si sa anche dell'infanzia di Matilde a parte lo trascorrere di una vita serena e dedita allo studio, infatti la piccola cresceva imparando a leggere e scrivere e sapeva già parlare perfettamente il tedesco e il francese. L'infanzia felice fu però spezzata dalla tragica morte del padre Bonifacio ucciso intenzionalmente da un proprio vassallo durante una battuta di caccia. Dopo la morte del marito, Beatrice di Lorena si trovò in seria difficoltà nell'amministrare un così vasto feudo, e chiese quindi protezione allo zio, Papa Leone IX, che in cambio riottenne i beni che Bonifacio confiscò alle chiese e altri benefici a favore di canoniche e monasteri. Ma un altro tragico evento arrivò a segnare la giovane vita di Matilde; l'anno successivo alla morte del padre anche il fratello Federico, legittimo erede e la sorella Beatrice morirono probabilmente a causa di un avvelenamento involontario.
La madre Beatrice a quel punto confessò al Papa il forte desiderio di volersi ritirare in convento insieme a Matilde ancora bambina. Ma gli interessi politici ed economici erano troppo importanti per permettere alle eredi del vastissimo feudo dei Canossa di rinunciarvi. Leone mandò quindi a Canossa un proprio emissario, Ildebrando di Soana, il futuro Papa Gregorio VII, che fece desistere Beatrice dall'idea del convento e le propose un matrimonio "politico" con Goffredo il Barbuto, anch'egli parente di Beatrice, potente e autoritario duca tedesco. Beatrice accetta l'unione, benedetta da Papa Leone, insieme alla promessa di matrimonio tra Matilde e Goffredo il Gobbo, figlio naturale di Goffredo il Barbuto.
Le nozze tra Matilde e Goffredo il Gobbo si celebrarono nel 1069 in Germania. Lo sposo era un giovane coraggioso e retto, ma afflitto da alcuni difetti fisici e comunque Matilde, conscia dei doveri nobiliari per i quali era stata educata e con la persuasione della madre, restò in Lotaringia coabitando col marito. Tra la fine del 1070 e l'inizio del 1071 la giovane sposa partorì una bambina che chiamò Beatrice, il parto però fu difficile e dopo pochi giorni la piccola morì: era il 29 gennaio 1071. Il 29 agosto dello stesso anno Beatrice di Lorena fece erigere il monastero di Frassinoro, nell'Appennino modenese, com'era usanza tra i nobili, per "la grazia dell'anima della defunta Beatrice mia nipote".
Ma la corte di Goffredo era ostile a Matilde che, sentendosi minacciata, l'anno seguente fuggì a Canossa dalla madre. Goffredo tentò di ricongiungersi a Matilde, più per questioni politiche, che per ragioni di cuore, ma le sue strette alleanze con l'imperatore Enrico IV non potevano conciliarsi con i saldi rapporti che legavano Matilde al Papa e agli interessi dello stato pontificio.
Accadde improvvisamente, nel 1076, la morte atroce e violenta di Goffredo il Gobbo probabilmente per mano di un sicario. A quel punto Matilde e Beatrice rientrarono in possesso di tutte le loro proprietà e giurisdizioni in territorio italico, per le quali potevano ora contare definitivamente sull'appoggio di Ildebrando, nuovo pontefice, col nome di Gregorio VII. Geograficamente i possedimenti dei Canossa si estendevano su una larga parte dell'Italia centro-settentrionale, dalla Toscana di cui Matilde era marchesa, l'autorità più importante in Italia dopo il sovrano, fino ai territori di Reggio Emilia, Parma, Modena, Ferrara, Brescia con Cremona, Verona e Mantova.
Per capire il contesto storico e politico in cui si muoverà Matilde, nel momento in cui verrà investita di tutte le responsabilità legate al suo sconfinato e potente feudo, è necessario rivolgere l'attenzione alle due grandi personalità rivali che dettarono gli eventi dell'XI secolo: papa Gregorio VII e l'imperatore Enrico IV. Gregorio è un uomo deciso, devoto all'impegno di rigenerare la chiesa, sogna di liberare il sepolcro di Cristo dagli infedeli, di sbarazzarsi del potere ingombrante dei Normanni e di riunificare la chiesa orientale.
Ma, soprattutto, vuole riportare sotto l'autorità della chiesa di Roma l'investitura dei vescovi che, a quel tempo, venivano designati dall'imperatore. Per un po' l'imperatore Enrico IV, che ha numerosi problemi in Germania, tenta la strada della conciliazione e del compromesso ma, dopo che il papa, nel concilio del 1075, ribadisce con forza il suo diritto a nominare i vescovi, lo scontro è inevitabile. Sarebbe così venuto meno uno dei cardini del potere imperiale. I vescovi infatti, a quel tempo, esercitavano un'autorità di tipo feudale, civile oltre che religiosa. Un potere fondamentale per mantenere consolidata l'autorità imperiale e una fonte economica non indifferente in quanto le cariche vescovili erano spesso comperate con il denaro... Gregorio mirava a una profonda riforma per porre fine allo spettacolo indegno dei vescovi simoniaci, corrotti e concubinari. Se avesse potuto avrebbe fatto a meno di scontrarsi con l'imperatore, infatti all'inizio tenta di spiegare le sue intenzioni, di arrivare anch'egli a un accordo, ma da uomo prudente e non alieno dalle tematiche del potere, tiene pronta la sua arma più temibile: la scomunica.