Matilde

Sapori e tradizioni nelle terre di Matilde

Nel nostro itinerario storico, sulle tracce di Matilde di Canossa, non si può non considerare la tradizione culinaria dell'Appennino reggiano, arrivata fino ai giorni nostri più elaborata e arricchita, mantenendo però gli ingredienti e i sapori di un tempo. L'importanza del cibo, non solo come forma di sostentamento, ma anche come vera arte gastronomica, frutto di creatività e ricerca, è dimostrata nei preziosi ricettari medievali e rinascimentali da cui deriva la cucina tradizionale. Piatti che traggono origine dalla tradizione contadina, ma anche dalle ricette preparate presso le corti dei nobili feudatari. Ai tempi si utilizzavano in special modo la selvaggina, il maiale (mai mancato tra gli animali di allevamento fin dal medioevo), le erbe di campo, i legumi e le castagne, alimento altamente proteico. Non si dovrà quindi temere, dopo una visita a un borgo o a un castello, di non trovare un ristorante o una trattoria dove proseguire il viaggio, in questo caso, attraverso le prelibatezze di un'ottima cucina preparata in casa.

Imperdibile è il cappelletto, il re delle minestre, rigorosamente in brodo di carne che, come il tortellino modenese, si richiama alla stessa forma a coroncina che Alessandro Tassoni paragonò all’ombelico di Venere. Poi i tortelli di patate, delicata variante montanara dei tortelli verdi e di zucca, serviti con sugo di carne, le tagliatelle e le lasagne al ragù di funghi porcini.

Un piatto tradizionale e diffuso sulle colline appenniniche è lo gnocco fritto, composto da un' impasto di farina, acqua e lievito di birra naturalmente accompagnato dai prelibati salumi di montagna come il salame fiorettino, la pancetta canusina, e il culatello di Canossa, che traggono origine dai tempi di Matilde. Non mancano infine arrosti e carni in umido e i piatti a base di funghi e tartufi raccolti nei boschi. Non può mancare il gustosissimo erbazzone, tipica torta salata a base di bietole che, la variante montanara, chiamata scarpazzone, originaria del territorio tra Castelnovo ne' Monti e Carpineti, vuole con l'aggiunta di riso. E poi i casagai, croccante polenta fritta mista a fagioli

Interessante l'antica tradizione culinaria legata alla carne di pecora derivante dalla dominazione bizantina e tramandata principalmente nelle zone del medio Appennino tra Baiso e Viano. Qui le famiglie ancora producono un prodotto autoctono per eccellenza: il prosciutto di pecora, denominato violino, particolarmente scuro e saporito. Ad inebriare il pasto, il frizzante lambrusco per alleggerire le calorie di una cucina corposa.

Si può tranquillamente dire però, che non ci sarebbe cucina reggiana, o almeno sarebbe molto diversa, se non ci fosse il Parmigiano-Reggiano a insaporire i piatti più ricercati come le più umili preparazioni. Questo formaggio, tutelato da un consorzio dedicato, è giustamente definito come il migliore del mondo, porta con sé il lustro di una nobiltà secolare. Tradizionalmente lo si fa nascere oltre otto secoli fa nella valle dell’Enza, un territorio tra Parma e Reggio, ma in diocesi di Parma, da cui il nome di Parmigiano già usato dal Boccaccio e oggi universalmente utilizzato. Recentemente è stata scoperta una pergamena dei monaci benedettini dell'Abbazia di Marola, datata 13 aprile 1159, nella quale compare per la prima volta la parola formadio, il padre del futuro Parmigiano Reggiano. Si tratta di un contratto di affitto di terreni e boschi a Formolaria, oggi Frombolara di Carpineti, in cambio di denari, merci e tres aportos de formadio.

Non può mancare un' assaggio al prezioso aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia, prodotto della più alta tradizione gastronomica, dove una sapienza tramandata nei secoli si innalza a vera e propria testimonianza di cultura. Il monaco Donizone, contemporaneo biografo della contessa Matilde, nel secolo XII ricordava un laudatum acetum che da Canossa fu trasportato in dono all’imperatore in una botticella d’argento. La storia documentata dell’aceto balsamico reggiano, e di quello modenese, suo più noto fratello, risale al Rinascimento, periodo a partire dal quale ha inizio la tradizione, prima nobiliare poi borghese, di coltivare un’ acetaia familiare in cui invecchiare il mosto cotto di uve locali.

Ma l'esperienza gastronomica non si esaurisce, se non con l'assaggio dei dolci quali la tradizionale zuppa inglese, la torta nera o la torta in cantina, i tortellini di castagne e il monte bianco. L'oste poi non vi lascerà andare senza prima offrirvi un assaggio di nocino, il tipico liquore a base di malli di noce lasciati a macerare nell'alcool e nello zucchero.

A questo punto non resta che riprendere il viaggio alla scoperta dell'antico e vasto feudo di Matilde di Canossa tra sagre e rievocazioni storiche nel nome della Gran Contessa, che si svolgono a cadenza annuale e che animano interi paesi. La più importante è quella di Quattro Castella che si svolge tradizionalmente a maggio con eventi e spettacoli che ripercorrono la vita e la storia medievale e che culmina nella rievocazione storica dell'incoronazione di Matilde di Canossa a Viceregina d'Italia, con la sfilata nelle vie del paese di oltre un migliaio di comparse nei tradizionali costumi storici.
All'inizio di settembre anche le strade di Ciano d'Enza nel Comune di Canossa sono teatro, da oltre 20 anni, del drammatico incontro dell'inverno del 1077 tra papa Gregorio VII, l'imperatore Enrico IV e la contessa Matilde messo in scena da attori e comparse in costume. Frassinoro si trasforma invece in un paese medievale animato da spettacoli, musica e conferenze durante la Settimana Matildica.

Da segnalare il Premio Matilde di Canossa, istituito dalla Provincia di Reggio Emilia al castello di Bianello di Quattro Castella, in commemorazione della Gran Contessa, donna coraggiosa, colta, figura chiave nell'incontro di Canossa tra l’imperatore Enrico IV e papa Gregorio VII. Si tratta di un riconoscimento destinato ad una figura femminile capace di distinguersi per il proprio impegno in favore delle donne in campo politico, economico, sociale, culturale e artistico. Il premio è volto anche a riconoscere tutte quelle donne che coraggiosamente si battono e si ribellano contro le ingiustizie e i pregiudizi a cui sono ancora sottoposte in molti paesi nel mondo.

NoteLe foto contenute nell'audioguida sono di Mario Rabeschini