Carpineti
Il castello delle Carpinete
Entriamo ora a Carpineti, per visitare il delizioso centro storico sviluppato intorno al bellissimo Palazzo degli Amorotti. Spostandoci poi di pochi chilometri, raggiungiamo la vetta del monte Antoniano, dove si ergono imponenti i resti del castello delle Carpinete , una delle fortificazioni più importanti tra i domini di Matilde di Canossa. Il castello ha origini molto antiche, e non è da escludere che la fondazione del primo impianto castellano sia avvenuta per commissione di Atto Adalberto, intraprendente avo di Matilde, al tempo delle invasioni degli Ungari nel X secolo.
In seguito all’espansione dei possedimenti dei Canossa il castello venne a collocarsi al centro delle loro terre, e assieme ad altri fortilizi del reggiano faceva parte del sistema di protezione di un vastissimo territorio. I castelli dello scacchiere difensivo matildico, infatti, erano disposti su tre livelli d’altitudine e si differenziavano a seconda della loro funzione difensiva. Sul primo livello si trovavano le fortificazioni nella zona fra Albinea e Casalgrande, le più importanti delle quali erano i quattro castelli di Bianello che avevano il ruolo di avamposto. Sul secondo livello, nella zona compresa fra Baiso e Canossa, i castelli di Canossa e Rossena erano i più importanti e costituivano un allineamento centrale d’estrema resistenza. Il terzo livello, il più sicuro, era costituito dal Castello delle Carpinete, arroccato a quota 805 m , robusto e di difficile accesso, fiancheggiato dai numerosi castelli limitrofi con cui era in contatto visivo. Due furono i periodi veramente interessanti per il Castello: il primo coincise con il soggiorno che vi fece Papa Gregorio VII nel 1077, il secondo avvenne nel 1092 quando si tenne la famosa assemblea indetta da Matilde per decidere se continuare la guerra con l'Imperatore Enrico IV o rinunciare nonostante le speranze di vittoria riposte nei molti anni di guerra.
Dal punto di vista architettonico il castello si presenta circondato da una prima cinta muraria che percorre esternamente il perimetro scosceso che circonda la vetta del monte Antoniano, adattandosi alla conformazione del terreno a scapito della regolarità, ma avvantaggiandosene a scopo difensivo. Sul lato ovest della cinta muraria del castello si notano tracce delle antiche cannoniere e degli apparati sporgenti che costituivano la difesa piombante, un sistema che permetteva di gettare pietre, pece o altri liquidi incandescenti sui nemici che tentavano di scalare la cinta difensiva.
L’ingresso situato nel lato sud dove si trovava anche in epoca medioevale e attraverso un camminamento coperto si accede al cortile interno. Il recinto fortificato racchiudeva magazzini, orti, case e stalle, nonché diversi edifici disposti irregolarmente, risultato delle modifiche edilizie che, i successivi Signori, proprietari del castello, apportarono in epoche diverse. Gli edifici costituivano le abitazioni degli artigiani, dei contadini, una cappella, la residenza del signore e i magazzini. Il palazzo signorile era costruito su due piani; il pianterreno veniva utilizzato come ambiente di servizio, mentre il piano superiore ospitava la residenza del signore. Sono visibili ancora oggi i segni delle scalinate che servivano per l’accesso ai piani superiori.
Durante gli scavi archeologici eseguiti negli anni ’90 sono stati scoperti resti di stanze rimaste nascoste per secoli sotto il terreno. Muri in pietra arenaria indicano la presenza di ambienti seminterrati, cui si accedeva attraverso una scalinata ancora oggi conservata. Vicino al palazzo signorile è stata recentemente riportata alla luce una piccola chiesa dedicata a Santa Maria, edificata in epoca matildica. I muri sono costituiti da grossi blocchi di pietra rettangolari e nell’abside si aprono due feritoie. Di epoca matildica è pure il pavimento in lastre d’arenaria dalla forma irregolare, legate con calce al centro dell’edificio. In questa zona gli scavi hanno portato alla luce anche un curioso masso circolare di 140 cm di diametro, inserito nel pavimento. Adiacente alla piccola chiesa di Santa Maria si trova un'antica sagrestia.
Una seconda cinta muraria serviva per la protezione interna delle riserve d’acqua e della torre del mastio, estrema difesa per resistere ad attacchi del nemico. La torre è molto ben conservata anche se non sono più presenti i quattro piani interni, ora riconoscibili solo grazie alle tracce sui muri. Dalla cima della torre, accessibile attraverso un sistema di scale interne, si può godere di un panorama mozzafiato che abbraccia la vallata del Tresinaro a nord e quella del Secchia a sud e nelle giornate più limpide si scorge all'orizzonte il profilo del crinale appenninico dal quale svettano le cime dei monti Cimone, Cusna e Prampa.
Di notevole interesse è la chiesa del borgo dedicata a S. Andrea, situata esternamente al perimetro fortificato, fu consacrata nel 1077 e rimase strettamente legata al castello per secolari vicende storiche. Gli elementi più antichi, databile dall'XI al XIV secolo, sono la facciata ovest e alcuni tratti del lato sud. Dopo Matilde i secoli trascorsero abbastanza tranquilli per Carpineti fino al '500, quando un losco e allo stesso tempo affabile figuro diede una scossa alla tranquillità dell'Appennino reggiano. Questi era Domenico Amorotti, detto l'Amorotto, uomo di cultura e dai modi cavallereschi, ma allo stesso tempo ribelle e incline alla violenza. Non di rado si scontrava con gli alleati del duca e i soldati del vescovo di Reggio Emilia, città che assaltò nel 1519. Questo atto di ribellione gli costò l'accusa di ribellione e una grossa taglia venne posta per la sua cattura. Rifugiatosi sulle montagne l'Amorotto divenne, insieme al fratello sanguinario e ad altri compari, un vero flagello per le popolazioni delle vallate che subivano in continuazione furti, rapine e omicidi.Divenuto fedele alleato del novo papa Adriano VI gli fu concesso il castello delle Carpinete, che divenne la sua residenza e dal quale continuò a perpetrare le sue vendette e a provocare continui disordini, che si conclusero con la sua morte violenta e quella del fratello nel 1523. Dell'Amorotto e di suo fratello si tramandano ancora oggi numerose leggende che narrano del bandito che terrorizzò per un decennio le popolazioni montanare.